Ovvero, come sta cambiando la comunicazione? In quale direzione? Indubbiamente verso il bisogno di parlare, accogliere e rispettare tutte le diverse identità.
E far sentire tutti, ma proprio tutti, rappresentati sulla base dei propri valori e delle proprie scelte.
Un rinascimento della lingua?
Forse.
Sicuramente un grande cambiamento che si muove in una direzione nuova e definitiva.
Ma che cos’è la scrittura inclusiva? Come scrivere in modo inclusivo? O fare copywriting inclusivo? E, ancora, perché usare un linguaggio inclusivo?
Resta con me per scoprire tutte le risposte!
Pront*?
Andiamo!
Che cos’è la scrittura inclusiva?
Avrai sicuramente notato che ho scritto la parola pronta/o con un *:
In realtà avrei potuto usare altri simboli. Ad esempio / oppure @ e ancora la “x” o il 3. O lo schwa. Una specie di “e” rovesciata, che non si pronuncia.
Per saperne di più sullo schwa, resta con me. C’è un paragrafo dedicato.
Ecco questo è un modo di scrivere o comunicare inclusivo, in cui non viene indicato il genere.
Io lo ho utilizzato perché mi sto rivolgendo a tutt*.
E voglio che tutt* si sentano accolti in questo dialogo.
Nessuno escluso.
Quindi la scrittura inclusiva è un modo di scrivere che presta attenzione alle parole, al modo cui le utilizziamo, alla loro grafica e al come le pronunciamo. . Liberando la comunicazione da frasi o toni che esprimono pregiudizio, discriminazioni e stereotipi verso singoli o gruppi di persone.
E utilizza escamotage linguistici per evitare di assegnare un genere.
Questo significa che la scrittura inclusiva non riguarda solo il genere. Ma si prende cura anche di altri aspetti come età, razza e disabilità.
Tranquill*, ti parlerò di tutto questo più avanti. Un passo alla volta.
In questo momento è fondamentale sottolineare come la scrittura inclusiva altro non sia che un modo di scrivere capace di prendersi cura dei lettor*. Anche in una lingua complicata come l’italiano. Che nella sua complessità e ricchezza, offre straordinari spunti.
Come scrivere in modo inclusivo?
Come dicevo, per fortuna, la lingua italiana, come ogni buona lingua neolatina, nella sua complessità offre tantissime occasioni per essere inclusivi.
Anche senza ricorrere a simboli, come lo schwa, che molte tastiere, ancora, non hanno.
Ad esempio è possibile
- Usare perifrasi. Cioè sostituire una o più parole con altre che richiamino il significato o lo rendano più efficace. Anche suggestivo. Per dirla facile, un giro di parole
- Cercare sinonimi. Soprattutto per quanto riguarda aggettivi e sostantivi
- Semplificare le frasi evitando pronomi, sostantivi e aggettivi, in modo che sia il verbo a definire il soggetto. ( Frase minima). Tra l’altro, è un’ottima abitudine per scrivere contenuti efficaci per il web. Se ti va nel mio articolo “Scrivere semplice: parole facili per comunicare”, puoi approfondire l’argomento
- Utilizzare forme passive ( non troppe, perché se scrivi per il web, Zio Google non apprezza) e cambiare il punto di vista della frase
Naturalmente, è un po’ più complesso di così.
Specie quando si entra nel campo dei micro testi, quando una singola parola esprime interi concetti o istruzioni.
Ti faccio alcuni esempi.
Nella videata iniziale di un login è facilissimo imbattersi in “Benvenuto/Bentornato” con l’utilizzo del cosiddetto maschile sovraesteso.
Utilizzando la scrittura inclusiva si potrebbe sostituire con un più sobrio “Ti diamo il benvenuto/bentornato”
O, ancora, la messaggistica di conferma di iscrizione a gruppi, social, ecc.., in cui è normale trovare “nome + si è unito/unita”, può essere modificata utilizzando ” nome + ora fa parte della community”.
Come vedi si tratta di soffermarsi e trovare una soluzione più neutra che non escluda nessuno.
Ma richiede un po’ di dimestichezza con la lingua.
Infatti la scrittura inclusiva (e ancor di più la comunicazione) è un esercizio in equilibrio fra semplicità e trovate linguistiche che eliminino qualsiasi riferimento a genere, età, razza e abilità. Con particolare attenzione alle ripetizioni, che sono, davvero, come il gesso sulla lavagna.
In ogni caso imparare ad applicare questi 4 trucchi è un buon punto di partenza.
E il linguaggio neutro?
Detto in modo semplice, si tratta di un linguaggio non sessista e rispettoso del genere.
Ed è utilizzato per evitare interpretazioni di parte, discriminatorie o degradanti, basate su stereotipi di genere.
Ma purtroppo non è una strada così facilmente percorribile.
Più facile nelle lingue anglosassoni, in italiano, che è una lingua romanza, infatti, è più complicato.
La nostra bella lingua, prevede non solo il maschile e il femminile nei sostantivi, ma pretende anche che articoli, aggettivi, pronomi e participi concordino. Cioè siano declinati nello stesso genere del sostantivo a cui si riferiscono.
Per capirci:
- il mio gatto rosso
- la mia gatta rossa
Questo non facilita, certo, il linguaggio neutro!
In inglese, invece, si direbbe “My red cat” sia che ci si rivolga a un gatto maschio o a una gatta femmina.
Come vedi si può ben dire che un linguaggio neutro in italiano non esiste!
E allora?
Si è pensato di usare quello che si definisce “ maschile sovraesteso“.
Ma questo solleva ben due problemi:
- Già il nome, ” Maschile sovraesteso” indica che non siamo di fronte ad un termine neutro
- Inoltre, se al singolare è neutro, al plurale il maschile è maschio.
Questo ci porta punto e a capo.
Alla ricerca di trucchi.
Eccone uno.
Si possono utilizzare parole “Ambigeneri”, cioè capaci di esprimere con un’unica forma maschile, femminile e neutro.
La parola “persona” è un esempio.
Ma questo potrebbe limitare enormemente la scrittura, rendendola impersonale e poco piacevole.
O utilizzare l’asterisco (*) come ho fatto io.
Oppure, e, forse, è la soluzione migliore, usare lo schwa di cui ho accennato.
Vediamo subito di che cosa si tratta.
Che cos’è lo schwa?
In realtà ha la stessa funzione dell’asterisco ma è graficamente più piacevole.
Appartiene all’alfabeto fonetico internazionale (IPA), quindi è universalmente comprensibile, e ha un suono definito.
Il che lo rende candidato ideale per rendere neutre tutte quelle parole che richiedono una declinazione al termine.
Si tratta infatti di un carattere, con relativo minuscolo e maiuscolo, singolare e plurale, che si armonizza con le parole scritte e facilita la lettura.
Ecco come si presenta
- al singolare (ə)
- al plurale (з)
- maiuscolo (Ǝ) oppure (Ə)
Così le parole
- Tutta/tutto diventa tuttə
- Tutte/tutti diventa tuttз
Si applica anche ai sostantivi irregolari come ad esempio lettore/lettrici (che ho utilizzato prima) e si scrive lettorə.
E, nel caso di apostrofo, si utilizza l*asterisco: “un articolista/un’articolista” diventa un*articolista.
Infine, trovandosi a metà fra la “a” e la “e” ed essendo già presente come suono in molti dialetti italiani, si adatta perfettamente anche dal punto di vista fonetico
Per pronunciarlo è sufficiente tenere la bocca a riposo come quando non sai come rispondere ad una domanda a sorpresa. E rimani interdettə (o interdett*).
E’ un suono indistinto ed estremamente naturale. Facilissimo da produrre.
Basta rilassare tutte le componenti della bocca, senza deformarla in alcun modo e aprendola leggermente. Sentirai semplicemente vibrare le corde vocali.
Ecco, questo è il suono dello schwa.
Un po’ di pratica per acquisire l’abitudine ad una scrittura ed un linguaggio realmente inclusivo e il gioco è fatto.
Ma come applicarla quotidianamente?
Ad esempio nel copywriting, ovvero in tutti i contenuti che andranno su siti web, newsletter, social media, e-mail, e molto altro?
Seguimi nel prossimo paragrafo.
Copywriting inclusivo
Il problema più grande da risolvere in questo campo è sicuramente superare il “maschile sovraesteso”.
Quindi, per creare contenuti online, e non solo, realmente inclusivi, basta applicare le regole che hai visto fin qui.
Con l’aggiunta di qualche trucchetto che faciliti l’esperienza di lettura.
Ecco qualche buona idea
- Evitare sbarre e parentesi. Ammetto che in questo post se ne trovano parecchie, ma in questo caso sono necessarie per non appesantire il testo nella spiegazione. Ciò, però, fa capire come l’adozione di un linguaggio inclusivo semplificherebbe di molto la lettura, rendendola scorrevole e meno frammentata.
- Usare caratteri leggibili e una formattazione chiara e semplice
- Inserire un disclaimer in apertura specificando che il maschile sovraesteso, ha in realtà valore neutro
- Prestare attenzione a quello che in gergo si definisce woke washing. Cioè appropriarsi di tematiche sociali calde per soli scopi di marketing. Lo sforzo alla scrittura inclusiva funziona solo se accompagnato da un intero sistema di valori. Accuratamente studiato e praticato. Ti faccio un esempio. Non ha senso sposare le causa femminista e studiare una comunicazione “al femminile”, per colpire un certo target, se poi nell’iter produttivo del tuo prodotto compi azioni anti-femministe. Questo è il modo migliore per screditare il tuo brand. Anche se all’inizio può sembrarti efficace. Ricorda, nel web tutti i nodi vengono al pettine e anche molto velocemente.
Perché usare una scrittura inclusiva?
Perché comunicare è condividere. E nella condivisione devono essere inclusi tutti.
Significa prendersi cura deз lettorз. Far loro sapere che ti stai preoccupando del loro sistema di valori, credenze e della loro appartenenza ad un gruppo piuttosto che un altro. Indipendentemente da quanto piccolo sia.
Insomma, perché fa sì che tutte le persone si sentano riflesse nel messaggio.
Questo porta ad un’inevitabile riflessione.
La scrittura e comunicazione inclusiva non è solo una questione di genere. E implica anche una certa attenzione nei confronti delle parole e dell’suo che ne fai.
Perché la scrittura inclusiva non è solo una questione di genere?
Beh, perché includere, per definizione intende abbracciare tutti!
Senza farla troppo lunga “includere” deriva dal latino “in+claudere” cioè inserire, racchiudere.
In questo caso, rivolto a tutte le persone indipendentemente dal genere in cui si riconoscono ( o non si riconoscono), età, appartenenza culturale, razza, e abilità.
Questo significa ripensare l’intero sistema di convinzioni , bias e credenze che hanno accompagnato, il tuo , e mio, modo di parlare e scrivere. Anche inconsciamente.
Un testo realmente inclusivo, infatti
- non rafforza gli stereotipi di genere
- non è razzista
- non discrimina sulla base dell’età
- non discrimina le persone con disabilità
E ciò implica che non è solo utilizzando simboli grafici e schwa che ci si può assicurare una comunicazione pienamente inclusiva.
Anche le parole e il loro utilizzo diventano protagoniste del cambiamento.
Non in sé, ma nel modo in cui le utilizzi e le utilizziamo.
Le parole, infatti, hanno un potere immenso ( molto più di quello che crediamo).
Creano.
Danno forma e rendono reali le cose.
Nominare qualcosa conferisce vita nel pensiero e nella comunicazione.
Così come ciò che non nomini non esiste.
Ora, è chiaro che dare un nome in modo non accurato a qualcosa, finisce per incastrare quel qualcosa, in origine neutro, nel un pregiudizio.
E questo vale sia per il genere, che per razza, età e abilità.
Ad esempio.
Quando leggo le parole “copywriting persuasivo”, d’istinto mi allontano dal testo. Questo perché l’aggettivo “persuasivo” è una parole legata al maschile.
Così come una frase del tipo “Ambiente giovane e dinamico” risulterà respingente per un pubblico non più giovanissimo o diversamente abile.
Ecco perché la scrittura inclusiva non è solo una questione di genere e non si ferma all’utilizzo di segni grafici, ma coinvolge anche il corretto utilizzo delle parole.
Considerazioni finali
La scrittura inclusiva, e il linguaggio, è la nuova frontiera della comunicazione. Basata su precisi valori di comunicazione e sociali.
Ed è anche una scelta, che richiede attenzione, ascolto ed empatia.
Ma anche tanta coerenza.
Ogni volta che ti trovi di fronte ad un testo, le tue parole devono essere guidate da domande come
- A chi mi sto rivolgendo? Qual è il mio pubblico?
- Le mie parole stanno escludendo qualcuno che potrebbe essere interessatə ai contenuti che sto scrivendo?
- Quali parole posso utilizzare per non escludere nessunə?
Tutto questo, ricordando che l’obiettivo della scrittura inclusiva è molto più ampio dell’orizzonte del genere. Ha lo scopo di includere quante più persone possibile nella comunicazione.
Evitando qualsiasi discriminazione o stereotipo.

Mi chiamo Emi e sono un’articolista ( scritto con l’apostrofo perché sono donna!) e una content writer con una certa passione per la SEO.
Ma anche una blogger.
Sono mamma e… studente a vita, perché credo che conoscere sia potere.
Mi piace scrivere, da sempre, e qualche anno fa ho stravolto completamente la mia vita per seguire le mie passioni.
Oggi scrivo per blog e siti, di argomenti diversissimi fra loro. Anche se il mio ambito di specializzazione è la finanza personale, il trading e le crypto.
Il mio obiettivo? Scrivere sempre il miglior articolo. Per me e per i miei clienti.